domenica 7 giugno 2020

Il ragazzo selvaggio dell'Aveyron (laboratorio pedagogia)

 1. B
 2. C
 3. A
 4. Perché è troppo grande, da piccoli l’apprendimento è immediato ma poi crescendo la capacità di apprendere a parlare ecc diminuisce fino alla nullità nell’età adulta
 5. Che eleva l’uomo a superiorità
 6. Che è capace di confrontare, distinguere e giudicare
 7. Buon selvaggio è la denominazione di un mito basato sulla convinzione che l'uomo in origine fosse un "animale" buono e pacifico e che solo successivamente, corrotto dalla società e dal progresso, diventasse malvagio. Nella cultura del Primitivismo del XVIII secolo, il "buon selvaggio" era considerato più lodevole, più autenticamente nobile dei prodotti dell'educazione civilizzata. Nonostante l'espressione "buon selvaggio" fosse già comparsa nel 1672 in La conquista di Granada di John Dryden (1672), la rappresentazione idealizzata di un "gentiluomo della natura" fu un aspetto caratteristico del Sentimentalismo del secolo successivo.

Risposte pedagogia




Pagina 204

-il ruolo della ragione nel progresso civile e sociale è quello di aiutare la persona a sciogliere coscientemente ciò che è buono e conveniente
-i pensatori che consideravano l’educazione popolare un valore furono Diderot, Montesquieu e Adam Smith
- Montesquieu sosteneva la necessità di un’ educazione repubblicana perche è l’unica capace di garantire la formazione completa dell’uomo educato in virtù della felicità propria e della patria.

Pagina 207

-       Filangieri riprese l’idea che l’istruzione fosse una questione politica ed etica che aiutava a contribuire la felicità dell’individuo
-       il modello educativo di Filangieri si struttura nella educazione pubblica che forniva una cultura di base e l’insegnamento di mestieri per i ceti meno abbienti
Pagina 212
-       Kant pensava che i primi anni di vita del bambino e della prima educazione dovessero basarsi sul campo dell’esperienza
-       Il rapporto tra docente e allievo doveva essere simile a quello socratico basato sulla interazione continua tra docente e allievo con domande e risposte.
-       Le qualità che dovevano essere sviluppate nei giovani sono quelle delle idee di bene e di male, la sincerità, agire seguendo la verità e la moralità
-       Gli elementi utopici della pedagogia kantiana sono: la disuguaglianza sociale per promuovere la coscienza dell’uguaglianza.

Immanuel Kant (Pedagogia)


Immanuel Kant venne fortemente influenzato dalle convinzioni religiose della famiglia, in particolare della madre, seguace del movimento pietista. Studiò nell'università della sua città natale, facendo per qualche tempo il percettore prima di diventare professore universitario. Tra il 1781 e il 1790 pubblicò le sue opere più note: critica della ragion pura, critica della ragion pratica e critica del giudizio.
Le teorie educative di Kant poggiano sul suo complesso impianto filosofico delineato in maniera approfondita nelle tre critiche.
Nelle sue opere il filosofo aveva sottolineato il valore dell’attività conoscitiva dell’individuo. Egli affermava, infatti, che il mondo non è una realtà preordinata che si impone al nostro intelletto, ma è ordinato dall'attività di originaria del soggetto, ovvero dal suo pensiero. Tale convenzione portato a canta a collocare nell'esperienza l’origine dell’attività cognitiva, aderendo, seppure indirettamente, alle conclusioni del sensismo.
L’obiettivo dell’educazione, secondo il filosofo tedesco, è l’acquisizione della capacità da parte della ragione di fare da guida al comportamento, traendo da essa e la legge e la forma da cui dipende il valore morale di ogni atto, indipendentemente dalle circostanze in cui viene compiuto.Tutto deve concorrere alla realizzazione della cultura dell’animo, che coincide con la componente fisica e fisiologica delle facoltà intellettuali e spirituali. In seguito si passa all'educazione delle facoltà cognitive propriamente dette, che Kant distingue va in inferiori (sensi, immaginazione e memoria) e superiori (intelletto, ragione e giudizio). Successivamente Kant distingue la cultura generale in fisica (che a che fare con l’attività intellettuale e determina lo sviluppo dell’intelletto per mezzo della riflessione, della ricerca della verità e dell’insegnamento) e morale (relativa alla sfera etico-morale proprio propriamente detta). A proposito dell’insegnamento egli sottolineava il valore dell’attività conoscitiva diretta da parte del soggetto, chiamato a divenire responsabile delle proprie scelte e azioni. Non a caso, infatti, suggeriva agli insegnamenti di adottare nelle loro lezioni il metodo socratico, basato sull'interazione continua tra docente e allievo, preferendolo al tradizionale metodo meccanico-catechetico, basato sulla successione di domande e risposte a opera del maestro, utile solo ad allenare la memoria e valido esclusivamente per le materie nozionistiche.
Kant si concentrò, dunque, in particolare su quella che definì la cultura generale e morale dell’individuo, ovvero sulla sua formazione morale, intesa come la capacità del soggetto di scegliere autonomamente tra il bene e il male.

L'utopia pedagogica illuminista (Pedagogia)

 IL DIBATTITO SULL'ISTRUZIONE POPOLARE 


Per disporre di una visione ad ampio raggio del dibattito circa i metodi e le finalità dell’educazione è necessario considerare il nuovo modo di concepire l’uomo e la sua educabilità. Le ricadute si manifestarono non solo a livello politico-sociale ma pure pedagogico- culturale, segnando anche in questo campo una decisa rottura con la tradizione religioso-caritativa dei secoli precedenti.
Se l’Illuminismo ebbe certamente un ruolo di primo piano nel promuovere la diffusione dell’istruzione popolare le posizioni dei singoli pensatori su opportunità e sul
sulle finalità di fare a accedere i ceti popolari alle istruzioni furono piuttosto ambigue e talora incoerenti.

E nota, infatti, la fiducia degli illuministi del nella ragione, considerata come lo strumento cognitivo per eccellenza, in grado non solo di guidare l’uomo nella scoperta della realtà, ma anche di scegliere coscientemente ciò che buono e conveniente. Per questo, l’intelletto andava esercitato, allenato alla criticità, in modo che l’individuo potesse partecipare attivamente all'opinione pubblica, unico antidoto al potere assolutistico. Nella società dell’epoca, tuttavia, rimaneva vivo il pregiudizio, condiviso da alcuni philosophes, che l’istruzione alimentasse anche nei ceti più umili ascesa sociale, con il conseguente abbandono di quelle professioni manuali che sostenevano l’economia dell’antico regime. Per questo motivo il potere politico era invitato a procedere con cautela nella diffusione dell’istruzione popolare, per evitare traumatiche rotture degli assetti sociali.
Denis Diderot si sosteneva che “un contadino che sa leggere scrivere può essere oppresso più difficilmente di un altro” e per questo invitava i legislatori a “fare in modo che la professione sia abbastanza tranquilla e stimata da non essere abbandonata”. Simile era stato, in precedenza, il giudizio di Charles de Montesquieu che attribuiva all'autorità morale delle leggi e dei governi il compito di sovrintendere all'istruzione del popolo, chiama dato che l’unica forma di controllo e di limitazione nei confronti del potere era proprio un popolo istruito e informato.
L’istruzione popolare era considerata un valore da economisti quali Robert Turgot e Adam Smith che ritenevano la diffusione dell'istruzione elementare una valida garanzia per l’ordine sociale e soprattutto un un efficace mezzo per accrescere la qualità e la quantità della produzione nazionale.

 L'EDUCAZIONE COME DIRITTO
Gaetano Filangieri era un intellettuale che spese buona parte della sua breve esistenza nella redazione di un’opera che influenzò profondamente la cultura e la politica non solo europee, ma anche dei neonati Stati Uniti: la scienza della legislazione. Chiudi primi quattro volumi della scienza della legislazione usciranno tra il 1780 e il 1783, mentre il quinto rimase incompiuto, a causa della morte dell’autore. Filangieri dedicò un intero volume, il quarto, alle leggi che riguardano l’educazione, i costumi e l’istruzione pubblica. 

Per cogliere il senso del progetto Filangieriano bisogna tenere conto del fatto che egli considerava l’istruzione soprattutto come una questione politica ed etica e perciò riteneva la conoscenza della pedagogia uno strumento indispensabile per contribuire alla “felicità” dell’individuo e della collettività.
L’educazione pubblica, rivolta a tutti i giovani tra i cinque e i 18 anni, avrebbe fornito loro sia la cultura di base sia la conoscenza di una professione manuale per i ceti meno abbienti e l’avviamento a un mestiere intellettuale, che i ragazzi più ricchi avrebbero potuto completare a accedendo all'università; la grande novità del piano di Filangieri consisteva nel fatto che questa prima forma di istruzione, che durava complessivamente 13 anni, era obbligatoria per tutti, con la sola differenza che nel caso delle classi più povere era totalmente a carico dello Stato e avveniva in scuole diurne, mentre quella dei ceti più ricchi, a pagamento, prevedeva la permanenza all'interno di collegi.
Una volta adempiuto l’obbligo scolastico, Filangieri pensava che la formazione del cittadino dovesse proseguire per mezzo dell’educazione dei costumi, in quanto egli era convinto che soltanto una trasformazione complessiva della moralità pubblica avrebbe promosso la nascita e lo sviluppo di una nuova idea di cittadinanza.
L’obiettivo era portare tutti alla conoscenza del funzionamento dello Stato e installare nell'opinione pubblica l’amore per la patria e il desiderio di lavorare per il bene e la gloria della nazione. 
La terza forma di educazione era l’istruzione pubblica e comprendeva anche le accademie la stampa e le belle arti. Essa era volta sia favorire la ricerca e le innovazioni in tutti i campi della scienza sia a diffonderne i risultati nell'intera collettività, rendendoli così davvero utili.


compiti sociologia

Pagina 244
-il processo di socializzazione è simile a quello dell’educazione ma coinvolge ogni momento dell’esistenza di tutti i membri della società consiste nella trasmissione del patrimonio culturale di una società o dell’inserimento del nuovo arrivato in una società
-Variano in base alla cultura perché riguardano quell’insieme di valori, norme, di linguaggi, di abilità, di conoscenze, di atteggiamenti che sono storicamente determinati.
- che si ha un apprendimento anche dalla cultura del nuovo arrivato

La formazione dell'identità personale (sociologia)

I processi di socializzazione mettono l'individuo in grado d'interagire e relazionarsi con le altre persone e la complessità del mondo sociale. 

 La conquista di un'identità sociale è strettamente collegata alla formazione e alla strutturazione di un'identità personale, che diviene, di fatto, uno degli scopi primari della socializzazione. 
Fra questi processi un posto rilevante spetta alle attività e alle interazioni sociali. 

Da questo punto di vista anche l'identità personale va considerata come un prodotto sociale, come il risultato, tra le altre cose, di una pluralità di relazioni con gli altri e dell'interiorizzazione delle norme, dei valori, delle abilità, delle aspettative tipici della cultura in cui si nasce e in cui si è inseriti. Nel processo di socializzazione di un individuo identità sociale e personale sono strettamente correlate. George Herbert Mead, uno dei più noti esponenti della Scuola di Chicago, ha evidenziato, basandosi sull'evoluzione delle forme di gioco nei bambini, le principali fasi del processo di strutturazione dell'identità personale, e ha fatto emergere in tal modo l'importanza che ha in essa l'interiorizzazione della struttura sociale dei ruoli e delle posizioni, ossia di ciò che lui chiama l"'altro generalizzato". In un primo momento il bambino non gioca in senso vero e proprio, ma "imita" il comportamento dell'altro, generalmente di un adulto, il che può avvenire anche senza una piena comprensione di ciò che l'altro fa, come quando il bambino imita la madre che passa l'aspirapolvere senza capire che quell'azione serve per pulire la casa. In un secondo momento si dedica invece al cosiddetto "gioco libero", cioè a un tipo di gioco privo di regole definite e molto semplice, attraverso cui egli impara ad assumere il ruolo degli altri. 
Un'altra fase è caratterizzata dal "gioco organizzato", il bambino impara a riconoscere i ruoli e le regole indipendentemente dalle persone che li esercitano.
Quando il bimbo giunge a interiorizzare nella propria coscienza le aspettative sociali, si può dire che abbia portato a compimento una primaria strutturazione della propria identità personale.

Il processo di socializzazione (Sociologia)

La trasmissione del patrimonio culturale

Il mondo in cui ogni essere umano nasce è un mondo fatto di relazioni sociali già esistenti e già strutturate in un mondo certo.

Senza una forma di "conoscenza sociale" la vita in società non sarebbe possibile.
La società non è una realtà semplice e omogenea, ma un insieme variegato e complesso di norme, ruoli e aspettative sociali, di posizioni differenziate e il più delle volte strutturate in maniera gerarchica.
Per inserirsi in una società, ogni individuo deve apprendere le regole e ciò ha un risvolto anche dal lato della collettività.
I nuovi arrivati in una società devono imparare a conoscere la lingua che vi si parla, le abitudini comuni, le leggi dello Stato, i valori condivisi.
Esiste però un "nocciolo" comune di conoscenze, di regole, di norme, di abilità sociali di base e di abilità sociali specifiche che abbiamo ereditato e che assicurano una certa stabilità e prevedibilità della nostra vita.

Processo di socializzazione
 si tratta di un processo molto simile a quello dell'educazione , ma che coinvolge ogni momento dell'esistenza di tutti i membri della società, anche se con modalità diverse nelle diverse fasi della vita.
In sociologia per "socializzazione" s'intende l'atto d'interesse delle relazioni con altre persone, ma il processo con cui si acquista padronanza dei modelli di comportamento e della geografia delle posizioni sociali di una data società.
Se la socializzazione è un processo tipico di tutte le società, i contenuti invece variano da cultura a cultura (insieme norme, linguaggio, abilità, conoscenze, atteggiamenti ecc..)


I MECCANISMI DELLA SOCIALIZZAZIONE 

In passato spesso si sono contrapposte le
influenze genetiche e quelle ambientali, interpretando la socializzazione ora prevalentemente come l'effetto delle interazioni sociali.
Alla base del processo di socializzazione vi è un intreccio inscindibile di entrambi aspetti, che non possono essere disgiunti o isolati se si  vuol comprendere come esso si attivi e in quale modo funzioni.
Meccanismi biologici: gli individui riescono ad apprendere tanto più facilmente quanto più sono intelligenti. Ma tra i meccanismi biologici vanno annoverate anche le predisposizioni innate ad apprendere, cioè condizioni genetiche che sono il presupposto perché l'individuo possa imparare a compiere determinate operazioni complesse.

I meccanismi biologici
di socializzazione devono accompagnarsi all'interazione con altri individui per poter essere attivi.
Meccanismi culturali: questi meccanismi agiscono sempre e solo in maniera congiunta , sia tra di loro che con fattori innati.
Le ricompense e le punizioni vengono usate come strumenti di controllo sociale e rappresentano una modalità semplice  e diffusa di socializzazione, basata sull'osservazione che rinforzando un certo comportamento il bambino, tenderà a ripeterlo, mentre punendolo egli tenderà a tralasciarlo.
Il socializzante e il socializzato interagiscono reciprocamente, modificando quindi volta per volta e caso per caso le modalità della socializzazione.
L'imitazione è il meccanismo con cui il bambino tende a riprodurre certi comportamenti o certi atteggiamenti di persone per lui particolarmente significative, si tratta solitamente di persone con cui ha un forte legame affettivo.